Che dire di
Piercamillo Davigo che rifiuta la candidatura dei grillini? Nessuno stupore. Fa
parte della sua struttura caratteriale. Così come è nel suo stile la risposta
fornita al M5S, per sfilarsi dall’agone
politico :” Non sono interessato alla politica, ma ai politici che rubano”.
Giusto. Lui fa il suo ruolo. Tuttavia questa affermazione genera apprensione, soprattutto
se la dichiarazione viene fatta a conclusione di un convegno sulla giustizia,
organizzato dagli epigoni di Grillo a Montecitorio.
Qualcuno,
sul punto, ha scomodato persino Elias
Canetti quando scrive:” Il giudice sta
sul confine tra il bene e il male. In ogni caso egli si annovera tra i buoni. La
legittimazione del suo ufficio si fonda sul fatto che egli appartiene
inalterabilmente al regno del bene, come se vi fosse nato. Egli sentenzia in
continuazione”. Fin qui, Canetti.
Sentenze
giuste quelle di Davigo, per carità. Tuttavia inquieta questo suo pensiero
ossessivo, ripetuto, straripetuto. Di lui si sa sempre che cosa pensa, perché pensa
sempre la stessa cosa. Vent’anni fa quando gli si chiedeva la ricetta per scongiurare
il ripetersi di Tangentopoli rispondeva :”Bisogna smettere di rubare”. Oggi
dice:” I politici hanno continuato a rubare ma hanno smesso di vergognarsene”.
E, infatti, a Montecitorio, ha detto, stradetto e ridetto: “Non sono interessato
alla politica ma ai politici che rubano”.
Come Torquemada, proiettato sull’espletamento del suo Sacrosanto Dovere (
eliminazione di ebrei e mussulmani che non
si convertivano). E , in epoca più
recente, come Robespierre , del quale citiamo un assunto : ” Noi possiamo
essere buoni soltanto se , dietro ogni nostra parola, dietro ogni nostra azione
appare ed echeggia, la realtà, l’ombra, la terribile musica della ghigliottina”.
Adele Fortino
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